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Le Marais (Paris #2)

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La magia di certe città sta nel fatto che sono capaci di seguirti, tra una vita e l’altra, in tutte le pieghe che la tua anima può prendere.

Insieme a mille altre cose, Parigi è anche questo.

Si lascia vivere in così tanti modi diversi e sa indossare così tanti volti, da essere proprio quello che serve, in quel pezzo di vita in cui sei.

E ti segue. Ti asseconda, nei tempi e nei modi che decidi di darti. Senza nessuna fretta, come se per ogni cosa ci fosse a disposizione tutto il tempo del mondo.

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Dimenticate per un momento le guide, le cartine e i consigli di viaggio.

Serve un pizzico di iniziativa e una buona dose di autocontrollo. Tenete a bada la smania che è sempre dietro l’angolo e non fatevi prendere la mano.

Smettete di leggere quello che vi sto raccontando – ma poi tornate eh! – e guardate solo le figure. Oppure aprite internet, chiedete di Parigi al Sig. Google e andate sulle immagini.

Ci trovate tutte le vite che vive Parigi. Frammenti, incroci, piazze, bistrot, locali, palazzi.

A quel punto non vi resta che scegliere. Perché si può andare a Parigi senza salire sulla torre Eiffel – giuro! – o senza percorrere chilometri nei corridoi del Louvre (stare occhi negli occhi con l’autoritratto di Van Gogh invece rientra nel non-si-può-tornare-da-Parigi-senza).

Quella del Louvre e della Torre Eiffel – o quello che vi pare a voi – potrebbe essere un’altra Parigi, magari quella della prossima volta.

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Dopo i colori dei mercati, ecco un’altra faccia della mia Parigi, quella più intima che non conosce boulevard e nemmeno le piazze che ci pensi un attimo prima di capire da che parte prenderle. E’ la Parigi che si lascia scoprire in piccole vie, da percorrere esclusivamente a piedi, tra un negozio di antichità e una libreria. Poco più avanti un cafè, di quelli che ti fermi e scrivi. E se ti butta bene inventi nuove parole.

Sulla riva destra della Senna, trovate le Marais, un quartiere racchiuso tra l’Hotel de Ville, la Senna e place de la Bastille, un quartiere che non ha subito le trasformazioni ottocentesche del barone Haussmann, mantenendo l’architettura pre-rivoluzionaria.

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Fermatevi in Place des Vosges. Trovate una panchina sotto gli alberi, scegliete le note giuste e gustatevi il tempo che scorre.

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Tra rue des Rosiers, rue Vieille du Temple e rue Pavée è insediata una delle più importanti comunità ebraiche della città, e nei negozi e nei ristoranti di questo angolo di quartiere si trovano molte specialità tipiche. Se avete voglia di un falafel, siete nel posto giusto.

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Il Marais è uno dei quartieri più alla moda della città. Tante boutique di giovani stilisti emergenti, molti locali di tendenza, raffinate pasticcerie e laboratori di maitre chocolatier, negozi di antiquariato. Macaron di Pierre Hermè. Ops.

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Segnatevi anche il Memorial della Shoah e il Museo Picasso che dovrebbe riaprire alla fine di quest’anno.

In mezzo a queste vie mi ci sono ritrovata più volte. Alla fine, anche a Parigi, per capire quale strada prendere, basta ascoltarsi. Deve essere uno di quei principi generali che vale sempre e a prescindere. Come un biscotto al cioccolato che è per sempre e non c’è storia che tenga.

E comunque, il viaggio non é finito. Se vi va, possiamo fare un altro tratto di strada insieme.

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Marchés, mon amour (Paris #1)

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Tra tutti gli scatti che ho portato a casa da Parigi, non è stato semplice decidere da dove iniziare a fermare in parole e immagini il tempo che mi sono presa.

Sto ancora raccogliendo le idee e le millanta foto che ho fatto, volevo però iniziare a raccontare. Tutto per non perdere quel sentire, fermarlo nelle parole e riviverlo ancora un pò.

Alla fine, tra il numero scellerato di immagini che sono riuscita a scattare, la prima pagina tocca a questo mazzo di ravanelli che lo vedi e capisci.

Capisci che serve tempo e pazienza – e anche un po’ di coraggio – per seguire strade mai percorse e scoprire l’effetto che fa.

Se butti il cuore al di là dell’ostacolo – e ti manda bene – ti può capitare di cogliere attimi di vera felicità, rapita davanti a quel verde brillante e a quel rosso vivo che è come un’esplosione di vita. Poi la vita ti riporta a quello che c’è, ma intanto ti sei affacciata a una finestra, con gli stipiti dipinti di bianco, e hai visto che là fuori c’è un mondo.

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I mercati a Parigi sono vite che si incontrano.

Tipo che ognuno si porta dietro una scia di storie, momenti, frammenti di quello che è stato e desideri di cosa si vorrebbe che fosse. Tra i banchi carichi di frutta e verdura e con gli occhi pieni di quei colori, capita per davvero che due vite possano incontrarsi, raccontarsi per un momento e lasciare un segno.

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In Boulevard Richard Lenoir, ogni domenica mattina si tiene il Marchè Bastille.

Vale che se siete a Parigi non potete perderlo. E che organizzare il viaggio in modo da essere a Parigi per farci un salto è cosa buona e giusta.

Per dire cosa vi può capitare tra un ravanello e un’enorme montagna di carote, sappiate che ho ricevuto una proposta di nozze. Gironzolando con gli occhi a ravanello e la musa occhio languido al collo, ho fatto breccia nel cuore di un verduraio francese – diciamo un settantenne fascinoso – che in un attimo ha snocciolato “Io sono solo”, ha proseguito con “ah, lei non è sposata” e ha chiuso in bellezza con “Cosa ne dice di?”

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La Francia è chiaramente la patria del rabarbaro.

Quella specie di oggetto del desiderio che ho inseguito e cercato per mare e per monti, lungo tutto lo stivale, si è materializzato nella Ville Lumière.

Roba da acquisto compulsivo. Già mi vedevo sul binario in Gare de Lyon con questo enorme mazzo di rabarbaro, tipo trofeo. Il perché io abbia desistito ancora non è chiaro. Evidentemente le dosi massicce di chimica che mi sono sciroppata per tenere botta al fetentissimo mal di denti che mi ha colto all’improvviso, mi hanno tolto lucidità. Prossima volta.

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Da Parigi sono tornata con una sottana – l’unica presente nel mio armadio –  una borsa enorme e un anello. 

L’anello viene dal banco di Gianni, un italiano di Napoli, in Francia da così tanto tempo da parlare italiano come farebbe un francese.

Viaggia per l’Indonesia e la Thailandia e vende argenti. Sono stata la “prima vendita” della giornata e per augurarsi buona fortuna, mi ha regalato degli orecchini. Come a fare un rituale magico ha passato sul banco le monete che gli ho dato. Spero davvero gli sia arrivato del buono.

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Omelettes. Crepes. Soufflè. Clafoutis. Oeufs cocotte.

Vi viene a mente un minimo comune denominatore di quanto sopra, a parte il fatto che è tutta roba buona?

I francesi sono gradi consumatori di uova. Tipo che sarei curiosa di conoscere il consumo procapite. Fatto sta che nei marchè si trovano questi banchi, da immortalare come neanche La Gioconda, pieni rasi di uova.

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Se dico boulangerie, voi cosa mi rispondete? Riuscite a sentire il profumo che, appena giri l’angolo, capisci che poco più avanti c’è un panettiere? Davanti alla vetrina di una boulangerie non puoi non restare lì imbambolato.

Trovi banchi di pane anche al mercato. Baguette. Croissant. Pani profumatissimi con  fichi, datteri e noci. Lo stesso profumo, quel velo di farina, il sacchetto di carta che fai quattro passi e non esiste al mondo di tenerlo chiuso.

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Se volete sapere tutto, ma proprio tutto sui mercati di Parigi – ovvero come, dove e quando (il perché mi sembra evidente) – seguite questo link http://marches.equipements.paris.fr

Troverete tutti i mercati divisi per zona (arrondissements) oppure per giorno, con tutte le informazioni utili: orari, numero e tipo di venditori, mappa del quartiere e collegamenti con i mezzi pubblici.

Io mi sono lasciata incantare dal Marché Bastille e dal Marché biologique Raspail

Lo so, troppe foto tutte insieme. Non si dovrebbe fare. Per i prossimi appuntamenti – abbiate fede, ho ancora un tot di cose da dire su Paris – cercherò di mantenere un maggior contegno.

Tranquilli. Mica vero!

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