La magia di certe città sta nel fatto che sono capaci di seguirti, tra una vita e l’altra, in tutte le pieghe che la tua anima può prendere.
Insieme a mille altre cose, Parigi è anche questo.
Si lascia vivere in così tanti modi diversi e sa indossare così tanti volti, da essere proprio quello che serve, in quel pezzo di vita in cui sei.
E ti segue. Ti asseconda, nei tempi e nei modi che decidi di darti. Senza nessuna fretta, come se per ogni cosa ci fosse a disposizione tutto il tempo del mondo.
Dimenticate per un momento le guide, le cartine e i consigli di viaggio.
Serve un pizzico di iniziativa e una buona dose di autocontrollo. Tenete a bada la smania che è sempre dietro l’angolo e non fatevi prendere la mano.
Smettete di leggere quello che vi sto raccontando – ma poi tornate eh! – e guardate solo le figure. Oppure aprite internet, chiedete di Parigi al Sig. Google e andate sulle immagini.
Ci trovate tutte le vite che vive Parigi. Frammenti, incroci, piazze, bistrot, locali, palazzi.
A quel punto non vi resta che scegliere. Perché si può andare a Parigi senza salire sulla torre Eiffel – giuro! – o senza percorrere chilometri nei corridoi del Louvre (stare occhi negli occhi con l’autoritratto di Van Gogh invece rientra nel non-si-può-tornare-da-Parigi-senza).
Quella del Louvre e della Torre Eiffel – o quello che vi pare a voi – potrebbe essere un’altra Parigi, magari quella della prossima volta.
Dopo i colori dei mercati, ecco un’altra faccia della mia Parigi, quella più intima che non conosce boulevard e nemmeno le piazze che ci pensi un attimo prima di capire da che parte prenderle. E’ la Parigi che si lascia scoprire in piccole vie, da percorrere esclusivamente a piedi, tra un negozio di antichità e una libreria. Poco più avanti un cafè, di quelli che ti fermi e scrivi. E se ti butta bene inventi nuove parole.
Sulla riva destra della Senna, trovate le Marais, un quartiere racchiuso tra l’Hotel de Ville, la Senna e place de la Bastille, un quartiere che non ha subito le trasformazioni ottocentesche del barone Haussmann, mantenendo l’architettura pre-rivoluzionaria.
Fermatevi in Place des Vosges. Trovate una panchina sotto gli alberi, scegliete le note giuste e gustatevi il tempo che scorre.
Tra rue des Rosiers, rue Vieille du Temple e rue Pavée è insediata una delle più importanti comunità ebraiche della città, e nei negozi e nei ristoranti di questo angolo di quartiere si trovano molte specialità tipiche. Se avete voglia di un falafel, siete nel posto giusto.
Il Marais è uno dei quartieri più alla moda della città. Tante boutique di giovani stilisti emergenti, molti locali di tendenza, raffinate pasticcerie e laboratori di maitre chocolatier, negozi di antiquariato. Macaron di Pierre Hermè. Ops.
Segnatevi anche il Memorial della Shoah e il Museo Picasso che dovrebbe riaprire alla fine di quest’anno.
In mezzo a queste vie mi ci sono ritrovata più volte. Alla fine, anche a Parigi, per capire quale strada prendere, basta ascoltarsi. Deve essere uno di quei principi generali che vale sempre e a prescindere. Come un biscotto al cioccolato che è per sempre e non c’è storia che tenga.
E comunque, il viaggio non é finito. Se vi va, possiamo fare un altro tratto di strada insieme.
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