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Metti una notte al forno

Premessa (questa volta è d’obbligo)
Quanto riportato di seguito è la prova provata che:

  • dal panettiere ci sono stata per davvero ^^
  • esiste al mondo un panettiere che ha risposto “si” alla mia richiesta strampalata e un pò fuori di testa di passare la notte al forno
  • sono qui a raccontarlo, quindi nessuno ha chiamato i signori che distribuiscono le camicie bianche con le maniche lunghe lunghe lunghe
  • se al mondo c’è una tapina che vuole passare una notte al forno e un sig. Giuseppe panettiere che non ci vede niente di strano, allora a questo mondo può succedere tutto e il contrario di tutto

La mia notte al forno
Classe 1947, quattro generazioni di panettieri alle spalle, una vita con le mani in pasta.
E’ questo, in pillole, il ritratto del signor Giuseppe, panettiere da una vita, che ha risposto “Certo!” alla mia richiesta di passare una notte in forno ^____^
Ok, detta così suona strana e lascia spazio a tutta una serie di fraintendimenti – che vi piacerebbe, lo so, ma non se ne parla proprio! – ma non ci può essere frase più azzeccata ^___^
Quella del panettiere è una vita tostissima e totalmente votata alla causa. Si comincia a lavorare tra le due e le tre (di notte, eh) e si continua fino a mezzogiorno quando il giro di consegne viene completato. Si scambia il pomeriggio per la notte, si cena che quasi sembra una colazione e poi si ricomincia. Sabato sera non si lavora, ma la domenica si è già sul pezzo. Il venerdì si attacca prima, perchè per il sabato si prepara più pane. Occhio e croce sei quintali. Si inizia con il primo impasto a cui viene aggiunta la biga, preparata il giorno prima. La biga è farina, acqua e lievito, una volta pronta viene conservata in frigorifero a 2/3 gradi per bloccarne la lievitazione e di fatto è l’agente lievitante. Si lavora senza sosta: si preparano i diversi impasti, si dà forma ai panini, li si lascia a riposo, si prepara la teglia e si inforna. Francesine, michette, filoni di grano duro, pizza in teglia, focacce, pane alle olive, pane all’uvetta, pane all’olio, e sicuro mi sto scordando qualcosa.
La mia nottata è cominciata venerdì intorno alle 23.30. Il tempo di parcheggiare, spegnere la macchina e aprire la portiera e già ero immersa nel profumo del pane appena sfornato. Tutta la via sapeva di pane. Giuseppe si occupa della preparazione degli impasti, senza di lui, si ferma tutto. Altri quattro “giovanotti” si dedicano invece alla preparazione dei diversi tipi di pane e alla cottura.
Sono stata con loro fino alle 4.30. Sono tornata a casa con i calzoni infarinati e la maglietta che profumava “di forno”. Se mi chiedete cosa mi è venuto in mente e perchè, non ve lo so spiegare, ma se vi capita l’occasione, fate mattina tra farina e pagnotte.
“Siamo gente strana, che vive di notte” mi ha detto Giancarlo, mentre preparava le michette.
Sono un pò artigiani e un pò maghi, dico io, e ancora mi si pianta sul muso quel sorriso che è tutto dire.

GLI ATTREZZI DEL MESTIERE

Qui sotto l’impastatrice di Giuseppe: praticamente la sorella maggiore della mia Kitchen Aid!


L’impastatrice all’opera ^___^

 

Qui sotto la spezzatrice idraulica: permette di dividere un impasto in porzioni di uguale peso e misura. Ciascuna porzione viene poi lavorata manualmente per dare forma ai singoli panini

Uno dei forni utilizzati da Giuseppe. Temperatura di cottura: 250 gradi

LAVORI IN CORSO

Così si presenta l’impasto una volta che l’impastatrice ha terminato il suo lavoro. Ora ditemi, non siete colti dall’irrefrenabile desiderio di mettere le mani in pasta? ^___^

Come prima cosa l’impasto viene diviso in grosse porzioni di ugual peso che verranno lavorate e frazionate per produrre i singoli panini

Cosa c’è di meglio di una pizza al trancio gustata alle due della mattina tra un’infornata e l’altra? La mia fetta era figlia della seconda teglia 😀  Slurp!

 Questi  18 secondi parlano da soli e dicono tutto ^___^


Qui sotto le “pagnotte” da cui nascono le michette. Sono lucide perchè vengono coperte d’olio così da mantenere una superficie morbida

Dopo un periodo di riposo, la pagnotte vengono passate sotto una spezzatrice idraulica che le suddivide nelle porzioni da michetta. I singoli panetti vengono posizionati manualmente sul nastro della stampatrice che gli da la classica forma che vedete qui sotto

IL RISULTATO DI TANTI SFORZI ^___^

Arrivati a questo punto non credo sia necessario aggiungere alcun commento.
Basterebbe qualche fetta di salame! ^___^

Se siete arrivati fin qui avete dato prova di grande pazienza e di una discreta dose di masochismo. Vi meritate quindi qualche appunto semi-finto-tecnico. Non fidatevi! Potrei aver scritto di tutto! ^___^

  • Esistono sostanzialmente due modi per preparare il pane: l’impasto diretto e l’impasto indiretto.
    • Impasto Diretto: si uniscono tutti gli ingredienti insieme nella stessa fase e viene fatta un’unica lievitazione principale, breve, a cui si aggiunge solo una lievitazione ancora più breve dopo aver formato i pezzi. Di norma le ricette a impasto diretto prevedono tra il 4% e il 5% di lievito di birra rispetto al peso delle farine. E’ una quantità significativa, che alla fine “si sente”. Il tempo di lievitazione richiesto è tra le due e le tre ore complessive e questa brevità è sostanzialmente l’unico vantaggio di questo metodo. Fate questa roba qui quando prendete mezzo kg di farina, usate un cubetto di lievito di birra e nel giro di tre ore sfornate una pagnotta.
    • Impasto Indiretto: questa tecnica consiste nel fare un primo impasto di sola farina, acqua e pochissimo lievito di birra e lasciare lievitare per un periodo che va da qualche ora fino a 24 ore. A questo primo impasto viene aggiunta altra farina, sale, tutti gli eventuali ingredienti richiesti e un’ulteriore piccola quantità di lievito di birra. L’impasto finale viene lasciato lievitare per un tempo variabile prima della cottura, quasi sempre di poche ore. Il primo impasto può essere realizzato con il poolish (impasto fortemente idratato con uguale quantità di farina e acqua) oppure con la biga, un preimpasto molto più asciutto ottenuto miscelando acqua, farina e lievito con l’acqua pari al 40/45 % del peso della farina
  • I vantaggi del metodo indiretto: utilizzando il poolish o la biga, si ottiene un prodotto finito dal sapore e dal profumo più intensi. Il pane presenterà un’alveolatura più ampia e risulterà più digeribile e conservabile.
  • Nella preparazione del pane con metodo indiretto vanno usate solo farine di forza, ad alto contenuto proteico, come la Manitoba o farine specifiche, indicate “per pane”. Niente farine per dolci o biscotti quindi, ma già sapete, che ve lo dico a fare? ^___^
  • La lievitazione è una combinazione un pò chimica e un pò magica di temperatura, quantità di lievito e tempo di riposo. La quantità di lievito dipende da quanto a lungo si vuole far durare la lievitazione: più la si vuole lunga, minore deve essere la quantità di lievito, nell’ordine dell’1% per 6-8 ore di lievitazione. Senza dimenticare il fattore temperatura. Praticamente un casino! O_o
  • Il numero magico per far lievitare bene un impasto è 28 gradi. Alla peggio potete giocarlo al lotto!
  • Nell’impasto è bene aggiungere del malto, come uso casalingo diciamo 1/2 cucchiaino su un kg di farina.
  • Le pieghe fanno la differenza, hanno un impatto rilevante sulla lievitazione. Servono a dare struttura all’impasto e a infittire la maglia glutinica (vedi secondo video in cui Peppe “fa le pieghe”)
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Danubio, I love you! ^___^

Quando una ricetta entra nella wish list culinaria (cit. Giulietta ^___^), basta poco per farla diventare un must. In un attimo si becca l’etichetta “non-posso-non-farla-devo-mettere-le-mani-in-pasta” ed eccola già nel forno.
Da un brunch con amici e dal post (ammiccante assai!) di un’amica che trovate qui è nato il mio primo Danubio, una ricetta che puntavo da un pò e che a mio avviso è uno di quei piatti che sa di casa, di amici e di buono.

Il Danubio è una torta salata lievitata di origine napoletana, formata da tanti panini ripieni messi tutti vicini-vicini in una teglia rotonda. Con la lievitazione e la cottura i panini formano un’unica torta e ognuno puó servirsi staccandosi il suo panino gustoso e morbidissimo. Ogni panino puó essere farcito con quello che più vi piace, la tradizione vorrebbe un ripieno di provola (o di provatura, il formaggio fresco fatto con latte di bufala) e salame o ricotta e salsiccia.
In rete ho trovato molte ricette diverse, alla fine ho deciso di cimentarmi con una versione che prevede una lievitazione lenta, tutto a favore della morbidezza e del gusto.
Dovete organizzarvi per tempo, ma secondo me ne vale la pena! ^____^
Me tapina, non ho fatto foto nel corso della preparazione. Troppo stretta con i tempi ho dovuto rinunciare agli scatti di rito. Mi rassegno, toccherà rifarla, nel frattempo però potete guardare la ricetta originale che trovate qui e che è ricca di foto passo-passo davvero utilissime.
INGREDIENTI
700 gr farina W 300 (in alternativa manitoba commerciale, tagliata con un 40% di 00 – io ho fatto così)
200 gr acqua
4 uova + 1 tuorlo
70 gr strutto
60 gr zucchero
15 gr burro
14 gr sale
10 gr lievito fresco
10 gr olio evo
1 cucchiaio + 1 cucchiaino di miele d’acacia

Prepariamo un preimpasto con l’acqua tiepida, 200 gr di farina, il cucchiaino di miele ed il lievito. Lasciamo a riposo per circa 40 minuti.
Nella planetaria, utilizzando la foglia, aggiungiamo al preimpasto 120 gr di farina, un uovo e 15 gr di zucchero. Avviamo la macchina a bassa velocità. Quando la massa avrà preso corpo, inseriamo il burro non troppo morbido e lasciamo assorbire. Montiamo il gancio e aumentiamo la velocità fino ad incordare. Qui la ricetta originale dice di coprire la ciotola e lasciare triplicare a 28°. Domanda: dove li trovo 28° nell’inverno milanese? Non avendo un forno che mantiene la luce accesa da spento (no comment) ho messo la ciotola nel forno e ho acceso due lumini ^____^ L’ho lasciata a lume di candela per un paio d’ore ed è stata cosa buona e giusta.
Trascorso questo tempo, riprendiamo l’impasto, riavviamo la macchina con il gancio e non appena l’impasto si sarà avvolto a questo, aggiungiamo un uovo, poi 1/3 dello zucchero rimasto ed uno spolvero di farina. Continuiamo così con tutte le uova, lasciando alla fine il tuorlo che va inserito insieme al sale. Come ultima cosa aggiungiamo il miele e quando questo è stato assorbito tutta la farina rimanente.
Ad impasto incordato aggiungiamo lo strutto piuttosto freddo e lasciamo lavorare fino a che si sarà assorbito, a quetso punto inseriamo l’olio a filo. Impastiamo a velocità sostenuta (qui la santa kitchen-aid ha dovuto sudare parecchio), fermando spesso la macchina e rigirando l’impasto nella ciotola. Continuiamo fino a che l’impasto non si presenterà semilucido e liscio.
Facciamo la prova del velo, vale a dire stacchiamo un pezzetto di pasta e stendiamolo fino a che non si riesce a vederne la trasparenza. Se si rompe prima di arrivare a questo punto vuol dire che l’impasto deve essere lavorato ancora. Superata la prova del velo, lasciamo riposare coperto per 15 minuti e poi diamo un giro di pieghe di tipo 1.
Questo tipo di pieghe prevede di stendere l’impasto sulla spianatoia infarinata, appiattirlo leggermente, prendere un lato e sovrapporlo per 2/3. Si completa il giro prendendo la parte rimasta scoperta e sovrapponendola così da “chiudere” il panetto. Per una seconda piegatura, lo si gira di 90°, si spolvera via la farina in eccesso e si ripete come sopra.
Dopo le pieghe trasferiamo in un contenitore sigillato e lasciamo in frigo fino al giorno seguente.
La mattina riportiamo il contenitore a temperatura ambiente e riprendiamo la lavorazione ai primi cenni di lievitazione (io ho aspettato circa 1h e comunque è lievitato un pò anche in frigo): appiattiamo l’impasto con le mani e diamo un secondo giro di pieghe.
Copriamo a campana e dopo 20 minuti cominciamo a formare i panini dividendo l’impasto in porzioni da 30 gr. Appiattiamole come fossero un disco e mettiamo al centro la farcitura. Io ho usato salame e scamorza. Richiudiamo i dischi sigillandoli sul fondo e disponiamo i panini in uno stampo imburrato, distanziati tra loro.
Copriamo con la pellicola e lasciamo raddoppiare a 28°, alla fine tra i panini non dovrà più esserci spazio. Anche per quest’ultima fase di lievitazione ho adottato la tecnica “a lume di candela”, ci è voluto poco più di 1h 1/2. Spennelliamo con albume ed inforniamo a 170° per 35/40 minuti.

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