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Time 4 cheese e Formaggi dalla Svizzera

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Da dove comincio? E’ questa la domanda giusta da porsi, cercando di raccogliere le idee su tre giorni intensissimi, di vera full-immersion.

Come sarebbe a dire quali giorni? Dal 27 al 29 maggio (si ok, è passato un tot, ma i ricordi sono vivissimi!), grazie all’iniziativa promossa da Formaggi dalla Svizzera, mi sono ritrovata a zonzo per le terre elvetiche, nelle regioni dello Jura e dell’Emme, per una tre-giorni tutta da scoprire, gustare, scrivere e raccontare.

E quindi io ci provo a raccontarvela, anche se – sicuro come la bontà di un cookie al cioccolato – tra una riga e l’altra, un assaggio di Tete de Moine e una fettina di Emmentaler, dimenticherò per strada un tot di cose che dev’essere l’età o il consumo eccessivo di zuccheri.
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La nostra tre giorni inizia dalla stazione di Milano Centrale, dove arrivo con la batteria del cellulare già provata, per la serie di scatti imbarazzanti che riesco a fare nel tragitto Seregno-[Profonda-Brianza]-Milano-Centrale.

Si capisce subito che la Compagnia del Cheese è ben assortita e acchiappata il giusto. Mica ho viaggiato da sola! Anzi, prima di perdermi in chiacchiere e bla-bla-bla ringrazio Claudia, Patricia, Elena, Alessandra, Maria Giovanna e Barbara per aver condiviso questa bella esperienza e Alessandro, Laura e Patrizia (santi subito please!) per averci guidato su e giù per le valli elvetiche.

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Il viaggio in treno è tranquillo e baciato da un sole inaspettato che durerà giusto qualche ora. La destinazione è Berna, il vero punto di partenza del nostro itinerario.

Berna la vediamo quel tanto che basta per scoprire una città elegante, con dei tetti che resteresti lì a guardarli per ore e che ti fa venire voglia di dedicarle del tempo.

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Pronti per partire quindi?

Mettetevi comodi che iniziamo subito con un ABC del come-ti-produco-una-bontà-di-formaggio, vi venisse mai l’idea di produrlo versione home-made.

IMG_6366_300Ecco, magari ho esagerato un filo, ma quello che sta dietro alla fetta di Emmentaler – per dirne uno – che avete nel piatto è un processo di tradizione e dedizione che merita una parentesi. E quindi, ecco a voi le FASI  di PRODUZIONE del FORMAGGIO in pillole. E se proprio non ve la sentite di leggere tutto quello che viene di seguito, basta guardare le figure per capire la meraviglia di quello che c’è dietro.

Naturalmente, per non dire più fesserie del necessario, oltre agli appunti raccolti durante il viaggio, mi sono avvalsa del sito dei Formaggi dalla Svizzera dove trovate tutto quello che avreste voluto sapere e non avete mai osato chiedere sui formaggi svizzeri & co.

Il processo di coagulazione
Si comincia da qui. Tutte le mattine (ma proprio tutte, della serie “cascasse il mondo”, non so se mi spiego) il casaro riceve il latte fresco appena munto, e tutte le mattine lo sottopone ad un rigoroso controllo per verificarne la qualità. Il latte viene trasferito nella caldaia e riscaldato fino alla temperatura prevista che varia da formaggio a formaggio. È in questa fase che viene aggiunto il caglio ed alcune colture di batteri acido lattici diverse per ciascun formaggio. Dopo circa 30 minuti il latte coagula trasformandosi in un ammasso gelatinoso.

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La sminuzzatura
La massa gelatinosa ottenuta dalla coagulazione viene rotta con uno strumento chiamato lira che permette di sminuzzare la cagliata in piccoli pezzi, separando la cagliata dalla parte liquida e acquosa detta siero di latte. La consistenza e la durezza del formaggio saranno determinate proprio dalla grandezza dei piccoli grani di formaggio: più questi saranno piccoli più dura sarà la pasta del formaggio e minore la futura percentuale di acqua.

Il riscaldamento e il bagno di sale
Separata e filtrata dal siero, la cagliata viene portata ad una temperatura che varia da formaggio a formaggio e che comunque non supera i 55/57 gradi, e poi distribuita all’interno di stampi che possono essere pressati per favorire la fuoriuscita del siero rimanente. Superata questa fase, dopo un breve periodo di riposo, la forma ancora morbida viene immersa in una soluzione di acqua e sale che può variare, a seconda della dimensione della forma, da mezz’ora fino a due giorni. È in questo momento che la forma assorbe sale ed espelle i liquidi in eccesso formando così la prima crosta che la rende stabile.
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La fermentazione e la stagionatura
Alla fine del bagno di sale ciascuna forma viene collocata nella cantina di stagionatura, uno spazio sotterraneo (immaginatevi una specie di bat-caverna) perfetto per la maturazione delle forme. In questa fase le forme non soffrono di solitudine: ciascuna forma viene accuratamente spazzolata e costantemente girata dal casaro fino ad avvenuta maturazione. Il periodo di stagionatura può variare da poche settimane per i formaggi semi freschi a qualche anno nel caso di formaggi a pasta dura. È in questo periodo che si sviluppano i gas naturali all’interno del formaggio che determinano il caratteristico aroma e in alcuni casi (come nell’Emmentaler DOP) anche la forma dei buchi.

Il controllo di qualità
Prima di essere messe in commercio, tutte le forme vengono controllate in maniera rigorosa: consistenza e qualità della pasta,  gusto e aroma, aspetto esteriore e livello di maturazione vengono messe sotto la lente di ingrandimento per garantire un prodotto di qualità ineccepibile.

Dite la verità, non sarete più capaci di guardare una fetta di formaggio negli occhi come una volta!

Ma non di solo formaggio si nutre la Compagnia del Cheese. Proprio all’inizio del nostro itinerario abbiamo avuto occasione di conoscere e gustare dell’ottima birra artigianale – ebbene si, ce la siamo goduta – nella Brasserie des Franches-Montagnes a Saignelégier.

Acqua, malto (che ci si può sbizzarrire in una varietà di colori e gusti che non immaginavo nemmeno), luppolo, lievito e spezie: cinque ingredienti cinque per un boccale di birra da leccarsi i baffi, tipo il muso peloso qui sotto che dovevate vederlo, come si districava tra le botti di birra.

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La prima giornata si chiude in bellezza con una cena a base di fonduta gustata in carrozza – di quelle trainate da cavalli, mica scherzo! – a zonzo per la campagna di Chaux-des-Breuleux. Peccato solo per la pioggia battente e per quel comune sentire da ammazza-che-freddo-che-fa. Ciò detto, sia messo agli atti che la fonduta è una libidine.

La mattina seguente la sveglia suona presto: il casaro non aspetta e la prima visita é tutta dedicata alla scoperta di un formaggio straordinario, il Tête de Moine, un formaggio unico al mondo per il suo gusto particolare e ancora di più per come viene servito. Attraverso la tipica girolle, messa a punto solamente nel 1982, il Tete de Moine viene raschiato per ottenere dei “petali di formaggio” che permettono di esaltarne al massimo il gusto e l’aroma.

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Il formaggio Tête de Moine rappresenta ancora oggi una produzione esclusiva, realizzata unicamente in nove caseifici che continuano la produzione secondo l’arte dei monaci. Quell’arte che affonda le sue radici in una tradizione antica che possiamo far risalire al XII secolo, nel monastero di Bellelay.  La prima volta che i monaci di Bellelay furono messi in relazione con questo formaggio correva l’anno 1192. Anche quando i monaci furono scacciati dall’Abbazia nel periodo della Rivoluzione francese la produzione non venne interrotta, tanto da arrivare fino a noi.

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E poi? Poi abbiamo prodotto il nostro formaggio! Ci verrà spedito a casa tra qualche mese, terminata la stagionatura. Non ci credete? Buttate un occhio alle immagini qui sotto!

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L’altra produzione che abbiamo avuto modo di scoprire è stata quella dell’Emmentaler, così strettamente legata al territorio da prendere il nome stesso della regione.

La raccolta del latte, munto da vacche alimentate naturalmente, senza alcun uso di insilati, avviene due volte al giorno, in aziende distanti non più di 30 Km in linea d’aria dal caseificio.

Ogni singola forma di formaggio Emmentaler DOP è unica e “marchiata” sulla crosta con il numero del caseificio produttore a garanzia della totale tracciabilità. Consultando l’elenco degli oltre 200 caseifici produttori di Emmentaler DOP è possibile identificare la specifica provenienza di ogni singolo pezzo di formaggio.

L’Emmentaler è il formaggio dei buchi. Artefici di questa caratteristica distintiva e ineguagliabile sono i batteri che lavorano sulla massa del formaggio. Durante la fermentazione, attraverso l’azione dei batteri,  viene liberata anidride carbonica che non può fuoriuscire a causa della solida crosta:  si formano quindi delle bolle, responsabili dei caratteristici buchi.

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Forse il miglior Emmentaler, tra tutti quelli prodotti, nasce in un piccolo caseificio gestito da marito e moglie con il solo aiuto di un ragazzo che li segue nella produzione. Viene realizzato utilizzando colture batteriche coltivate dal caseificio stesso, a oltre 1000 mt di altezza con latte fresco di mucche che pascolano a questa altezza.

E’ un incrocio di passione e dedizione che si possono toccare con mano e che ti si stampano in mente, nero su bianco.

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Cos’altro aggiungere?

Vi ho sommersi di parole e immagini. A proposito, siete ancora lì? Spero di essere riuscita a passarvi l’entusiasmo di quei tre giorni, quasi mi è venuta nostalgia.

Fortuna che la scorta di Tete de Moine non è ancora finita! ^___^

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Modena e l’Emilia

Modena è uno spettacolo che proprio la vedi che se la gode una cifra.

Ha l’orgoglio e la fierezza di chi fa, e l’allegria di è capace – in mezzo a tutto questo fare – di ritagliarsi dei momenti tutti per sè. Dev’essere l’aria che si respira. Oppure il vino buono che si beve.

Il centro di Modena è fatto di portici, di molte case color pastello e di tante viuzze da percorrere a piedi, con la macchina fotografica al collo.

Mi affido al Sig. Wikipedia per raccontarvi che tra i monumenti più rappresentativi ci sono il Duomo con la sua torre campanaria chiamata Ghirlandina e la Piazza Grande , simboli della città e patrimonio dell’UNESCO dal 1997.

Passeggiando qua e là ti capita di incontrare il Mercato Coperto Albinelli, lo trovi proprio in centro ed è una risorsa incredibile, una fortuna che sarebbe bello avere in ogni città.

Fondato nel 1931 da alcuni ambulanti che si erano trasferiti in questa zona dalla vicina piazza Grande, è un mercato alimentare coperto: frutta e verdura, pesce, carne e formaggi, senza dimenticare il pane, le spezie e la pasta fresca. Qui si possono trovare tutti i prodotti tradizionali che danno lustro alla cultura gastronomica modenese. Serve che ve ne citi qualcuno? Le ciliegie, i marroni, il lambrusco, lo zampone e il cotechino, la pasta fresca, l’aceto balsamico e il nocino.

In mezzo a queste meraviglie come si fa a non soccombere ai morsi della fame? E’ ora di pranzo, consultiamo Tripadvisor e puntiamo verso la Trattoria Aldina.

La trovate in centro, a due passi da piazza Duomo e dall’entrata del Mercato Coperto Albinelli. Per vederla bisogna puntare il naso all’insù perché si trova al primo piano di un palazzo. Si affaccia sulla strada con tre finestre e le insegne “Trattoria” e “Aldina” divise tra la prima e la terza finestra.

Un ambiente famigliare ed accogliente, un menù raccontato a voce e piatti genuini per davvero.

Noi ci siamo coccolati con della gramigna con ragù di culatello e del cotechino con purè e abbiamo chiuso con del mascarpone e due caffè. Se passate da queste parti, fateci un salto.

Conoscete Castelvetro? L’abbiamo raggiunta da Modena e ci abbiamo passato una notte. Ci siamo fermati alla Locanda del Feudo,sistemazione molto piacevole, personale delizioso e ottima cucina.

Castelvetro sta in un fazzoletto. Se mi lasciate dire, è il tempo che si è fermato. Nelle domeniche di dicembre il piccolo borgo si anima con riproduzioni degli antichi mestieri e bancarelle di prodotti tipici.

Se volete respirare la magia del Natale, prendetevi un appunto.

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